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Lo zaino è pronto, io no di Marco Lovisolo


Ho iniziato a viaggiare da solo in giro per il mondo all’inizio degli anni Duemila. Era un periodo convulso della mia vita, nel quale continuavano a emergere nella mia piccola testolina di… una serie di dubbi. Avevo bisogno di evadere, ma al tempo stesso mi serviva qualcosa che mi mettesse duramente alla prova. Decisi allora di riempire lo zaino e partire in solitaria, e poiché volevo che la cosa fosse il più difficile possibile, puntai verso l’Africa. Da quel momento la passione per il viaggio non mi ha più abbandonato, anzi si è trasformata in una droga letale e legale della quale ancora oggi non riesco a fare a meno. Ho passato nottate intere a sfogliare l’Atlante DeAgostini e di volta in volta ho scelto le mete che mi facevano gola: Messico e Guatemala, India del nord, Perù e Bolivia, Cambogia-Vietnam-Laos, Patagonia. Non sono mai stato un animale social e il blog l’ho aperto solo di recente, per cui l’unico modo che utilizzavo per comunicare con gli amici rimasti in Italia erano le e-mail. Cominciai a scrivere e nel giro di breve tempo, senza rendermene conto, passai dalla descrizione dei paesaggi alla narrazione di ciò che mi stava capitando. Lo ammetto e mi riconosco colpevole: sono un imbranato. Ma non lo dico così, per farmi compatire. Io sono davvero un impedito cronico e nel corso delle mie peregrinazioni ho commesso pasticci senza fine. Cominciai a raccontare proprio questi piccoli disastri e nel giro di breve tempo mi ritrovai con un ristretto gruppo di fan. Sì, insomma, sembrava proprio che le mie sciocchezze e il modo in cui le descrivevo, riuscissero a indurre un po’ di buonumore nelle persone che facevano parte della mia mailing list. Con il tempo il gruppo cominciò ad allargarsi ed io mi ritrovavo con continue richieste di aggiornamento. A volte passavo intere giornate a quattro di bastoni in spiaggia, poi trovavo modo di accedere a un pc, leggevo la posta e mi trovavo mail dal titolo: «Dai, racconta, che hai fatto oggi?» Nel corso degli anni diversi amici e conoscenti mi hanno ripetutamente stuzzicato con l’idea di raccogliere tutte le mie e-mail in un libro, ma io ci ridevo sopra e lasciavo perdere. Fino a quando al gruppo di fan si aggiunse una ragazza, che nel corso degli anni successivi è diventata la mia compagna di viaggio e di vita e che oggi è mia moglie. In qualità di moglie si è sentita in dovere di farmi scrivere questo libro, benché io non ne avessi proprio molta voglia. La sua tattica era semplice: Lei: «Scrivi» Io: «No» Silenzio And now… Repeat! E insomma alla fine mi sono trovato come un ebete a guardare uno schermo perfettamente bianco senza sapere bene cosa scrivere. Le mie mail, che qualcuno aveva opportunamente conservato, costituivano uno spaccato preciso del momento, raccontavano eventi che mi erano capitati, ma non avevano assolutamente alcuna consequenzialità, non erano legate. Era necessario plasmarle e rendere tutto quel mare di sciocchezze una cosa organica (detto così non suona bene, lo so…). Come fare? Ricominciai a rileggere tutti i libri di viaggio che avevo letto compulsivamente nel corso degli anni. Dovevo capire come facevano tutti quei mostri sacri della letteratura di viaggio a mettere insieme quei capolavori che mi avevano tenuto aggrappato alle loro pagine. E allora giù di Kapuscinsky, Terzani, Pasolini, Moravia, Dalrymple, Theroux, Chatwin. Ovviamente non sono riuscito a rubare il loro stile, ma qualche idea qua e là l’ho fatta mia. A quel punto ho ripreso in mano tutto il materiale disordinato che avevo a disposizione: e-mail, taccuini di viaggio, appunti svolazzanti scritti sulle guide. L’ho riorganizzato, modellato, rigirato, masticato, letto e riletto e alla fine eccomi qui. Non so se a voi piacerà leggerlo, ma a me è piaciuto scriverlo. E’ stato un processo di rielaborazione, di riscoperta interiore. Sono andato in cerca di tutte quelle sensazioni che si erano sedimentate sul fondo della mia anima e le ho riesaminate con occhi nuovi, le ho rivissute e godute più pienamente di quanto mi sia capitato vivendole in presa diretta. E infine ho capito. Ho capito cosa andavo cercando. Cercavo l’essenziale, cercavo il mio vero io, fatto di nulla più che della mia libertà e dei miei sentimenti, privo di tutte quelle strutture artificiali che la società nella quale vivo mi impone. Cercavo una prospettiva diversa attraverso la quale guardare il mondo e me stesso. Cercavo un equilibrio, mettendomi volutamente fuori equilibrio, ponendomi alla prova in situazioni estreme, affrontando i problemi man mano che mi si ponevano dinanzi. Cercavo le mie paure perché volevo che mi assalissero e mi lasciassero distrutto a terra, in modo da potermi rialzare in piedi e vedere che ormai erano passate mentre io ero ancora lì, dolente, affaticato, ma vivo. Tutto questo cercavo e tutto questo cerco ancora oggi e in tutta onestà spero sempre di riuscire a mantenere viva quell’insoddisfazione che mi porta continuamente a raccogliere quattro stracci e a partire, perché quella è la vera libertà e una volta che la provi, ti si incide così profondamente nella carne da non potertene più liberare. E quando ritorni a casa e poggi la testa sul tuo cuscino puoi riviverla, puoi chiuderti in quel piccolo spazio che è solo tuo e riassaporarla. Bene, questo è ciò che troverete nel mio libro. Se vorrete leggerlo mi farete felice, se vorrete giudicarlo o criticarlo, anche aspramente, mi andrà bene. In ogni caso: buona lettura! Marco Lovisolo 

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